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Le crisi bancarie non sempre iniziano allo sportello. Un nuovo studio Bocconi rivela che i clienti corporate migliori anticipano il collasso trasferendo depositi e prestiti a banche più solide. Questa dinamica indebolisce ulteriormente gli istituti fragili e richiede interventi rapidi e mirati da parte delle autorità di regolamentazione.

Gli shock bancari rappresentano una minaccia ricorrente per la stabilità economica, come dimostrano le crisi finanziarie passate. La letteratura accademica ha studiato principalmente le corse agli sportelli (“bank runs”) come causa dei fallimenti bancari, concentrandosi quindi sulle difficoltà delle banche dal lato delle passività e della raccolta. Tuttavia, si sa molto meno delle fasi iniziali della crisi bancaria e sulle dinamiche che precedono il collasso degli istituti di credito.

In “Corporate Runs and Credit Reallocation" ci focalizziamo proprio sul periodo iniziale di stress bancario e in particolare sulle dinamiche dal lato dell’attivo, analizzando il comportamento dei clienti corporate. Questi ultimi svolgono un ruolo cruciale in questo processo: possono accelerare il deterioramento di una banca non solo perché i loro depositi non sono tipicamente coperti dall’assicurazione sui depositi, ma anche perché sono contemporaneamente debitori della stessa banca.

Infatti, preoccupati per la solvibilità della banca in difficoltà, sono i clienti migliori ad andarsene. Le imprese ad alto valore aggiunto, che dipendono dalle linee di credito per avere accesso a liquidità, tendono a diversificare le loro fonti di finanziamento, stabilendo nuove relazioni di credito con istituti più solidi. Poiché sono le imprese migliori e più affidabili che riescono più facilmente a ottenere finanziamenti alternativi, le banche sotto stress si trovano a dover gestire un portafoglio di debitori più rischiosi e con maggiori vincoli creditizi. Questo processo può aggravare ulteriormente la crisi bancaria, portando a un progressivo deterioramento degli attivi e amplificando il rischio di una corsa agli sportelli da parte dei depositanti. In sostanza, in questo lavoro mettiamo in luce una nuova dimensione delle crisi bancarie: la “corsa dei debitori”, simile alle corse agli sportelli dei depositanti. 

La nostra analisi utilizza dati di Banca d’Italia e l’esperienza del fallimento di due banche regionali italiane, ma i nostri risultati hanno un respiro molto più ampio. Infatti, recenti lavori accademici hanno evidenziato come la maggior parte dei fallimenti bancari in USA dal 1850 a oggi siano caratterizzati da un deterioramento lento della qualità dell’attivo e dalla fuga dei depositanti non coperti dall’assicurazione sui depositi.

Il nostro lavoro ha importanti implicazioni per la gestione delle crisi bancarie.

In primo luogo, nelle crisi bancarie non sistemiche—come quella di marzo 2023 negli Stati Uniti—i nostri risultati suggeriscono che le forze di mercato tendono a determinare una riallocazione del credito che indebolisce ulteriormente gli attivi delle banche in difficoltà. Questi risultati evidenziano quindi la necessità di interventi tempestivi da parte delle autorità di supervisione e regolamentazione bancaria. In linea con i recenti dibattiti sui fallimenti di Credit Suisse e Silicon Valley Bank, i regolatori dovrebbero monitorare attentamente i segnali di mercato, anche sui social media, e rispondere rapidamente.

In secondo luogo, lo studio mette in luce un ruolo spesso trascurato del capitale bancario. Oltre a fungere da cuscinetto contro le perdite e ad allineare gli incentivi, il capitale bancario è fondamentale per garantire che la riallocazione di depositi e crediti guidata dal mercato avvenga in modo efficiente. I risultati mostrano che le imprese più solide e produttive riescono a trasferirsi verso banche meglio capitalizzate, mentre quelle più deboli affrontano maggiori vincoli di finanziamento. Questo processo selettivo, basato sulla solidità del capitale bancario, aiuta a garantire che il credito continui a fluire verso le imprese più adatte a sostenere investimenti e crescita economica.

Inoltre, il lavoro suggerisce che la regolamentazione bancaria deve considerare non solo i comportamenti delle banche, ma anche quelli delle imprese in momenti di crisi. Interventi rapidi, come l’iniezione di liquidità da parte delle banche centrali e una comunicazione chiara per evitare il panico, possono ridurre il rischio di runs e limitare il contagio finanziario.

 

 

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