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Rompere le barriere, ma non solo

, di Diana Cavalcoli
Nata a Gela, nel 1998, Sophia Giacchi parla di disabilità in modo pragmatico: non solo barriere architettoniche, ma vere e proprie discriminazioni, sistemiche. Il suo percorso è quello di chi ha fatto il terremoto per guadagnarsi ogni giorno un centimetro in più di autonomia

Sophia Giacchi lo dice sorridendo, senza girarci intorno: “Non voglio passare per la ragazza in sedia a rotelle. Piuttosto raccontiamo tutto quello che ho fatto per cambiare un sistema che spesso rende impossibili anche cose semplici a chi vive una disabilità”.

Il suo percorso è quello di chi ha fatto il terremoto per guadagnarsi ogni giorno un centimetro in più di autonomia. Nata a Gela, in Sicilia, nel 1998, parla di disabilità in modo pragmatico: non solo barriere architettoniche, ma vere e proprie discriminazioni, sistemiche. “Dopo il liceo i miei genitori non volevano che mi allontanassi, avrebbero preferito che studiassi a Gela in casa. Ma Gela mi stava stretta. Così ho rilanciato: volevo andare a Milano, alla Bocconi, e vivere da sola”. Grazie al suo “coraggio incosciente” si trasferisce con i genitori e si iscrive al CLEACC. Più facile a dirsi che a farsi però. 

Dopo lotte burocratiche, regole da far riscrivere in ateneo per consentire anche a una persona bisognosa di assistenza di seguire le lezioni, per Giacchi inizia un percorso fatto di stimoli, incontri, possibilità. “Sono stati anni fantastici, ho partecipato a molti progetti ed ero membro attivo di molte associazioni, per esempio Radio Bocconi. Per tre anni ho ricoperto cariche come rappresentante degli studenti.” Durante la magistrale la decisione “pazza” di andare a Barcellona. “Ancora una volta volevo sfidare i limiti, o forse proprio conoscerli. La preoccupazione per questa scelta era tanta, anche perché le difficoltà oggettive di andare a vivere da sola erano chiare a tutti: le ragioni economiche si sommavano a quelle organizzative. La forza per trovare una soluzione a tutte le problematiche che mi si presentavano non mi è mai mancata: sono riuscita a ottenere un sostegno economico europeo per le pari opportunità e a gestire a livello organizzativo una vita indipendente. Avevo due persone che lavoravano per me e rendicontavo tutte le spese stando attenta a stare nel budget!” Tutto questo avveniva “on top” agli studi e a una vita sociale molto attiva, dice, e ciò ha reso il tutto una sfida avvincente. “L’esperienza mi ha resa più consapevole dei limiti che devo oggettivamente affrontare.” Limiti che non la fermano, ovviamente. Oggi Giacchi, dopo uno stage in Accenture, lavora in L’Oréal dove ha ricoperto ruoli diversi ed è Product Manager in SkinCeuticals. “Il lavoro mi piace molto anche perché sono una persona competitiva che ama fare bene, ho poi centrato l’altro obiettivo: comprare casa e vivere da sola” aggiunge. 

Rispetto al tema della disabilità dice che quello che la motiva è l’aver cambiato le cose, aver contribuito a creare un mondo di possibilità per chi arriverà dopo di lei. “L’altro giorno mi ha scritto una ragazza di diciotto anni che voleva iscriversi in Bocconi ma aveva paura per via delle barriere architettoniche. L’ho incoraggiata e ho cercato di trasmettere il mio approccio alla vita: mai accettare che le cose siano come sono.” Un po’ a ribadire che quando le regole sono ingiuste o mal formulate si ha il dovere, e non solo il diritto, di infrangerle per avviare un cambiamento. “Per fare piccole e grandi rivoluzioni ci vuole il coraggio di superare, 
e far superare agli altri, i pregiudizi.” A partire dalle gabbie mentali “che ci costruiamo da soli”.