
Serena e la leadership creativa
“Alle più giovani dico di non essere ossessionate dalla scelta giusta. Non sapere cosa fare da grande per me è stato la normalità. Bisogna sperimentare.” Serena Maria Torielli è co-founder e amministratrice delegata di Wealthype, fintech italiana che si occupa di data analytics, AI e digital marketing per banche e assicurazioni recentemente acquisita da Azimut.
Prima di essere imprenditrice e donna al vertice ha svolto un percorso tradizionale in finanza. “Ho deciso di studiare Economia perché apriva molte porte, lì ho capito che non volevo fare la ricercatrice ma lavorare in consulenza. Mando il curriculum e le poche società che mi rispondono mi dicono: ‘No grazie non stiamo assumendo’. Sono così finita a lavorare dove meno me lo aspettavo: in J. P. Morgan a fare il trader prima dell’euro.” Il maschile del termine non è casuale. “Ero una delle pochissime donne trader, mi sentivo sempre un po’ un panda, però l’ambiente era giovane, internazionale e i miei colleghi erano tutte persone molto in gamba” aggiunge. L’azienda investe poi sulla formazione, manda Torielli a New York nove mesi per un corso mirato e le dà fiducia. Negli otto anni in cui resta nella banca diventa vice president Fixed Income Sales. La contatta poi Goldman Sachs sempre per lavorare in ambito trading. E anche qui scala posizioni in azienda: dal 2000 al 2007 è Managing Director FICC.
“Dopo di che – spiega – ho voluto fare un’esperienza più imprenditoriale e sono stata tre anni in Banca Leonardo che doveva costruire un progetto poi purtroppo non decollato con la crisi del 2008-2009. A quel punto ho deciso che non ne potevo più della finanza.” E si mette in proprio. Con alcuni ex colleghi decide di dar vita a una società che si occupa di nuove tecnologie per la finanza in modo da renderla più democratica. “Ho sempre saputo che volevo fare l’imprenditrice, un po’ ci si nasce. Non è però stato semplice. L’assenza di venture capitalist e anche le istituzioni con poca visione e alla ricerca di una replica del modello delle startup della Silicon Valley hanno certamente allungato il nostro percorso” aggiunge.
Dopo dieci anni, l’anno scorso arriva un partner industriale di peso come Azimut e quindi la possibilità di crescere e “scalare”, come si dice nel gergo delle startup. Che Torielli fosse sulla strada giusta lo dimostrano anche i riconoscimenti ricevuti: nel 2018 è una delle cinquanta “Inspiring Fifty”, le donne considerate più influenti nel settore tech italiano. Oggi siede poi in due board: We Build e Tiscali, dove è consigliera indipendente. Dice: “Non sono più i CDA vecchio stile di una volta con solo avvocati o economisti. Sono stata scelta non tanto in quanto donna ma perché avevo un percorso manageriale e imprenditoriale diverso e quindi utile a portare idee innovative”. Il gap di genere però lo riconosce: “La diversità l’ho sempre percepita negli occhi di chi mi guardava ma per me essere diversi è ricchezza. Forse da uomo avrei reperito più velocemente i fondi necessari alla società, chissà. Non lo sapremo mai. Quello che so è che la tecnologia non ha genere e gli spazi per le giovani ci sono”. Sulla leadership sottolinea: “Guardo sempre avanti e cerco di portare in settori noiosi e pieni di regole un po’ di creatività e di pensiero laterale”. Conformista mai: “Mi piace troppo fare le cose
in modo diverso”. Sorride.
