Accordi Rubik e comunicazione giuridica
Un tema come quello del segreto bancario e dei paradisi fiscali è al centro di uno dei primi esperimenti di video documentazione di un convegno accademico di diritto fiscale.
Sul canale YouTube dell'Università Bocconi è disponibile una rassegna video che riproduce per intero le otto ore del recente seminario internazionale "Banking Secrecy, Tax Evasion and the 'Rubik Agreements' - A New International Tax Order?", organizzato da Giuseppe Marino, direttore del Master in Diritto Tributario dell'Impresa.
Alla tavola rotonda hanno partecipato accademici di diritto tributario di numerosi Paesi europei, che si sono confrontati sul tema degli accordi Rubik che la Svizzera ha firmato con Germania e Regno Unito nel corso del 2011 e che, se avallati dall'Unione Europea, entrerebbero in vigore nel 2013.
Gli accordi Rubik permetterebbero alle banche svizzere di garantire l'anonimato ai propri clienti tedeschi o britannici a patto che impongano un'imposta sui futuri interessi attivi dei capitali dei risparmiatori sostanzialmente pari all'aliquota che questi ultimi pagherebbero nel loro Paese di residenza. Si pensa anche all'introduzione di un'imposta sui capitali accumulati a oggi.
In questo modo, affermano i sostenitori degli accordi Rubik, verrebbero conciliati gli interessi di tutte le parti in causa: l'erario del Paese di residenza, che incasserebbe il gettito dell'imposizione sui redditi finanziari, in parte anticipato dalle banche svizzere (secondo le prime stime, l'Italia riceverebbe 9 miliardi di euro); i risparmiatori, ai quali verrebbe garantito l'anonimato; le banche svizzere, che si manterrebbero vitali nei mercati finanziari esteri.
Il tema è particolarmente controverso, tanto che, come si legge nella relazione di Andreas Perdelwitz (IBFD, Amsterdam), "alcuni considerano gli accordi Rubik un punto di svolta, altri li reputano una moderna vendita delle indulgenze".
Certo è che gli accordi Rubik destabilizzano l'ordine fiscale europeo, e in particolare pongono alcuni problemi di incompatibilità con la legislazione dell'UE, in quanto scavalcano l'euro-ritenuta, le convenzioni OCSE contro le doppie imposizioni e, soprattutto, gli accordi OCSE sullo scambio di informazioni (TIEA).
In un'ottica meno ideologica e più realistica, Marino si definisce "fermamente convinto che l'introduzione di una tassazione di effetto equivalente allo scambio di informazioni sia una soluzione pragmatica in linea con l'odierna globalizzazione dell'economia".
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