Imparare ad investire attraverso l'uso dei fattori
Nell'ambito delle teorie di asset pricing, il Capital Asset Pricing Model (CAPM), in funzione della sua semplicità di utilizzo e della sua forza esplicativa, rappresenta tuttora il modello di riferimento per valutare la relazione tra rischio e rendimento di un asset. Diversi autori hanno tuttavia cercato di migliorare il CAPM considerando che i rendimenti azionari sono influenzati in realtà da un numero più ampio di fattori.
Mauro Andriotto ed Emanuele Teti (Dipartimento di Finanza), in Beyond CAPM: An Innovative Factor Model to Optimize the Risk and Return Trade-Off, (di prossima pubblicazione su Journal of Business Economics and Management) mostrano che effettivamente quello utilizzato dal CAPM sembra non essere l'unico fattore esplicativo del rischio di un asset e quindi la varianza dei rendimenti può essere spiegata dall'iterazione di un insieme di fattori. In particolare, analizzando le serie storiche di oltre 300.000 fattori (macroeconomici, indici di mercato, prezzi ecc.) e i rendimenti di oltre 9.000 società quotate nei principali 15 paesi europei su un arco temporale di 50 anni, concludono che negli ultimi 10 anni basterebbero circa 90 fattori per spiegare quasi completamente i rendimenti di oltre 4.500 aziende. Inoltre, concordemente a quanto evidenziato in altre ricerche, si può affermare che i fattori su cui un investitore dovrebbe concentrarsi principalmente sono quelli di tipo macroeconomico.
Un elemento di originalità che contraddistingue il lavoro è legato all'individuazione dei fattori per ognuna delle 9.000 serie storiche studiate. L'analisi puntuale ha permesso non solo di costruire un ranking dei fattori attraverso delle misure di ricorrenza e di impatto, ma anche di formulare delle ipotesi in merito al livello di diversificazione degli investitori.
Bisogna premettere che, nonostante esista un nutrito gruppo di fattori che hanno ricorrenza elevata, in alcune situazioni il livello di diversificazione non è sempre ottimale. Anche se non hanno testato le cause, gli autori pensano che possano essere molteplici e possano variare da caratteristiche di irrazionalità legate al processo di scelta fino a teorie di selezione degli asset di diversa natura o perfino a ragioni legate all'insider trading.
I due studiosi si sono comunque occupati delle conseguenze e hanno visto che, alla luce dell'analisi fattoriale, molti investitori detengono portafogli non completamente diversificati. Tale situazione genera l'opportunità di ridurre ulteriormente il rischio a parità di rendimento (o aumentare il rendimento a parità di rischio) per mezzo di un'ottimizzazione che si basi prima che sulla scelta degli asset, sulla scelta diversificata dei fattori sottostanti al rendimento di un asset.
Questa conclusione rappresenta un punto di contatto importante con il CAPM. Infatti, dal punto di vista fattoriale, il mercato potrebbe essere spiegato come il più ampio dei portafogli componibili, dove confluiscono e si diversificano tutti i fattori esistenti. Se la diversificazione fosse perfetta, i fattori che spiegano il mercato dovrebbero essere quelli che spiegano anche tutti gli altri rendimenti, ma allora il rendimento di mercato potrebbe essere, come definito dal CAPM, l'unica variabile di cui preoccuparsi perché proxy dei fattori diversificati sottostanti.
Alla luce di ciò il modello fattoriale non esclude il CAPM, ma potrebbe essere un contributo importante per le teorie di asset pricing e di asset allocation.