Nell'incertezza, compriamo troppi titoli nazionali
Sia la teoria di portafoglio standard sia la composizione degli indici azionari mondiali, che sono ormai diventate di uso comune, suggeriscono che l'investitore medio dovrebbe detenere approssimativamente tra il 50% e il 60%in titoli esteri nel suo portafoglio. Tuttavia, l'evidenza dei fatti e le metodologie esistenti dimostrano che gli investitori tendono a tenere costantemente un portafoglio significativamente sottoesposto ai titoli esteri, i quali rappresentano in media circa il 10% delle partecipazione azionarie. L'analisi quantitativa proposta in Ambiguity Aversion and Under-Diversification, un articolo di Massimo Guidolin (Dipartimento di Finanza) e Hening Liu (Manchester Business School), in corso di pubblicazione nel Journal of Financial and Quantitative Analysis, dimostra che la sostanziale sovra-esposizione ai titoli domestici può essere spiegata dall'incertezza che l'investitore medio deve affrontare quando si tratta di prendere decisioni d'investimento.
L'impatto che incertezza e ambiguità hanno sulle decisioni di investimento è un argomento che ha ricevuto una notevole attenzione da parte della ricerca in finanza nel corso degli ultimi anni. Dai dati raccolti risulta che l'incertezza degli investitori riguardo lo sviluppo futuro delle opportunità di investimento può contribuire a spiegare la sotto-esposizione che l'investitore medio ha sui titoli esteri. Tuttavia, una approfondita analisi quantitativa che aiuti a capire il meccanismo che associa incertezza e concentrazione del portafoglio nelle attività domestiche appare ancora mancare. La ricerca proposta dagli autori aiuta a colmare questa lacuna.
L'ipotesi di fondo degli autori è che le decisioni di investimento sono influenzate sia dall'incertezza inerente la performance storica di attività rischiose che dall'incertezza che tipicamente caratterizza l'evoluzione futura dei profitti. Gli investitori sono avversi al rischio, nel senso che non amano perdite potenziali di ricchezza nel momento in cui decidono la composizione dei portafogli. Inoltre, gli investitori sono anche avversi all'ambiguità, nel senso che sono contrari a qualsiasi perdita di capitale che potrebbe derivare da errate convinzioni personali dettate da situazione d'incertezza globale. Gli autori dimostrano come l'effetto composto di avversione al rischio e all'ambiguità possa generare una sovra-esposizione ai titoli domestici, che risulta evidentemente sub-ottimale in termini di diversificazione del rischio.
Gli autori usano questo approccio per studiare l'allocazione di portafoglio in ambito internazionale, adottando il punto di vista di un investitore statunitense che nutre una certa fiducia nell'efficienza dei mercati. Gli autori scoprono che è proprio l'avversione all'ambiguità che può potenzialmente portare a una forte sotto-esposizione ai titoli esteri, a prescindere dal grado di fiducia nell'efficienza del mercato domestico. Inoltre gli autori mostrano che l'avversione all'ambiguità genera inefficienza a prescindere dal regime di mercato, cosi come a prescindere dal grado di fiducia nell'efficienza del mercato dei capitali.
Questi risultati puntano il dito decisamente a focalizzare il ruolo che incertezza e ambiguità hanno sulle decisioni d'investimento tipiche di un investitore medio. In tal senso, un tentativo di ridurre l'incertezza globale e la sensibilità degli investitori a tale incertezza potrebbe incentivare una maggiore diversificazione del rischio da parte degli investitori.