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Verso la societa' del pay-per-use

, di Oreste Pollicino - ordinario presso di Dipartimento di studi giuridici
Come conseguenza dell'evoluzione degli strumenti di protezione del copyright

L'impatto delle nuove tecnologie sulla tutela dei diritti fondamentali e l'"indigestione" di informazione, non sempre qualificata, che è accessibile sul web, giocano un ruolo cruciale nel determinare l'alto grado di complessità delle società contemporanee.

Il paper Copyright, Anti-Circumvention Tecnhologies and Freedom of Speech, scritto insieme a Enrico Bonadio (The City Law School, Londra), vuole approfondire proprio quest'ultimo aspetto, concentrandosi, in particolare, sull'incidenza che ha l'installazione delle cosiddette misure tecnologiche di protezione, finalizzate ad evitare l'elusione sul web della normativa a tutela del diritto d'autore, sull'esercizio delle libertà di manifestazione e di espressione artistica e culturale, diritti costituzionali garantiti, naturalmente, sia off che online.In altre parole, la domanda che ci siamo posti è la seguente: se un dispositivo tecnologico impedisce al navigatore, per esempio, di avere un qualsiasi accesso a contenuti musicali o fotografici presenti su internet, un meccanismo del genere è in grado di incidere negativamente sulla libertà di espressione e di creazione artistica o culturale? La risposta rischia di essere affermativa se si prendono in considerazione due elementi che spesso sono pericolosamente trascurati.Il primo è non dimenticarsi mai che la "freedom of speech" si fonda anche sulla possibilità che il titolare del diritto ha avuto di accedere, studiare e prendere ispirazione (concetto ben lontano dal plagio) da opere di terzi, seppur tutelate dal copyright. In questo senso, la libertà di espressione può spesso concretizzarsi nella creazione di lavori od opere in qualche modo connessi a manifestazioni di arte o di cultura precedenti. Ora, è naturale che, in questo scenario, la produzione di "down-stream creations" non può non avere quale condizione necessaria quella di poter conoscere, e dunque avere accesso, alle "up-stream creations". Se tale accesso viene negato, il rischio è quello di ridurre sensibilmente le probabilità che nuove forme di espressione possano continuare ad emergere, con un grave pregiudizio non solo per i diritti tutelati dalle costituzioni di tutte le democrazie occidentali, ma anche per la vivacità dell'anima culturale delle società contemporanee. Il secondo elemento che si vuole evidenziare non è meno rilevante e attiene alla natura delle misure di protezione tecnologiche a tutela del copyright. Tali strumenti, una sorta di "antifurto digitale" che si aziona quando si pone in essere un atto di pirateria sul web, sembrano essere state congegnate per generare allarme (ed allarmismo) anche in assenza del ladro... In altre parole, questi meccanismi sembrano andare al di là della realizzazione dell'interesse tutelato dall'ordinamento giuridico di prevenire la "copia" illegittima di materiale protetto dal diritto d'autore, fino a spingersi ad impedire, di fatto, qualsiasi accesso ai contenuti di opere altrui, anche non finalizzati alla copia ma semplicemente allo studio preliminare, funzionale all'esercizio della libertà di espressione e di manifestazione artistica e culturale. Non si tratta di una problematica tecnica rilevante esclusivamente per addetti ai lavori. Tutt'altro. È una questione cruciale che riguarda tutti noi, volenti o nolenti e-citizen di questa società dell'informazione. Società in cui la natura della protezione del copyright sembra essersi evoluta (melius: involuta) da tutela del diritto a impedire copie illegittime della propria opera a garanzia del diritto, ben diverso, a un controllo dell'accesso, indipendentemente dalla sua natura e dagli scopi cui esso è funzionale, ai contenuti di opere protette. Il grande rischio è che, così facendo, si giunga, inesorabilmente, ad una "pay per use" society, esattamente agli antipodi dalle caratteristiche di condivisione della conoscenza alla base della information society.