
La mano invisibile delle citazioni: le metriche hanno rimodellato le carriere scientifiche
All’inizio degli anni ‘60, una rivoluzione silenziosa ha ridisegnato la comunicazione scientifica. Eugene Garfield, l’uomo dietro lo Science Citation Index (SCI), fornì ai ricercatori un nuovo potente strumento per misurare l’influenza accademica: il conteggio delle citazioni. Prima della pubblicazione dello SCI, era praticamente impossibile calcolare il numero di citazioni, poiché era necessario esaminare manualmente l’elenco dei riferimenti di innumerevoli articoli pubblicati ogni anno sulle riviste scientifiche. Con lo SCI è nata una nuova metrica, oggettiva, comparabile e seducente nella sua semplicità. Improvvisamente, il valore di uno scienziato poteva essere misurato non solo in base a ciò che pubblicava, ma anche in base a chi gli prestava attenzione.
La promessa di chiarezza comportava dei rischi: cosa succede quando un singolo numero inizia a definire l’arco di un’intera carriera? Nel loro articolo Measuring Science: Performance Metrics and the Allocation of Talent (American Economic Review, dicembre 2024) Carlo Schwarz del Dipartimento di Economia della Bocconi, Sebastian Hager dell’Università di Oxford e Fabian Waldinger della Ludwig-Maximilians-Universität München espongono la prima prova rigorosa di come le metriche citazionali abbiano ridisegnato il mercato del lavoro scientifico in modi talvolta sorprendenti.
Un esperimento naturale quasi accidentale
Carlo Schwarz e i suoi coautori hanno notato una stranezza: le prime edizioni dello SCI non coprivano le citazioni in tutti gli anni, né in tutte le riviste. Per ragioni tecniche, era possibile analizzare solo un sottoinsieme di citazioni. Di conseguenza, alcune citazioni venivano registrate e rese “visibili” alla comunità scientifica, mentre altre rimanevano “invisibili”. Questa copertura a macchia di leopardo ha creato una opportunità: un ambiente sperimentale in cui citazioni altrimenti simili hanno avuto conseguenze diverse sulla carriera semplicemente a causa della loro visibilità.
Immaginate due scienziati: entrambi pubblicano un lavoro innovativo nel 1957. Uno viene citato in Nature nel 1961, rivista e anno coperti dallo SCI. L’altro viene citato in Nature nel 1962, anno saltato dallo SCI. Solo la prima citazione era visibile ai contemporanei. Come dimostrano gli autori, questa differenza arbitraria di visibilità ha avuto un impatto misurabile e importante sulle carriere, sulle posizioni nei dipartimenti, sulle promozioni e sui finanziamenti.
Le citazioni sono diventate moneta corrente
L’introduzione delle metriche citazionali ha iniziato immediatamente a influenzare il mercato del lavoro. I ricercatori con citazioni visibili avevano una probabilità significativamente maggiore di approdare alle università più quotate. La correlazione tra il conteggio delle citazioni e il rango del dipartimento è aumentata del 61% tra il 1956 e il 1969. Nel frattempo, il potere predittivo del numero grezzo di pubblicazioni si è ridotto di quasi la metà.
In particolare, gli autori dimostrano che non si tratta di una semplice correlazione. Confrontando le citazioni visibili e invisibili — distribuite casualmente per periodo e rivista — si dimostra che la visibilità stessa ha guidato i risultati. Uno scienziato con un grado di citazione visibile superiore di 10 percentili è stato, in media, inserito in un dipartimento di 2,5 percentili superiore; per le citazioni invisibili, l’effetto è stato solo dello 0,6.
Lo SCI, in effetti, rendeva leggibile il talento. Ma la leggibilità si accompagnava all’amplificazione: le stelle visibili venivano premiate più dei loro colleghi altrettanto brillanti ma non visibili.
Risorgere dall’oscurità
Uno degli aspetti più interessanti dello studio riguarda chi ne ha beneficiato di più. Gli autori identificano un gruppo di “stelle nascoste”: scienziati molto citati che operavano in dipartimenti di rango inferiore. Una volta che le citazioni sono diventate visibili, questi ricercatori sono stati finalmente notati e spesso si sono trasferiti in istituzioni più quotate. Questo effetto di visibilità è stato particolarmente forte per le donne e per i dottori di ricerca provenienti da università meno prestigiose.
Le metriche citazionali hanno anche avuto un effetto modesto ma positivo sugli scienziati appartenenti a minoranze, in particolare su quelli che già avevano ottenuto risultati eccellenti. In un mondo accademico spesso inficiato da reti informali e pregiudizi impliciti, lo SCI ha agito come una sorta di equalizzatore, aiutando studiosi eccezionali provenienti da contesti trascurati a scalare le classifiche.
Una nuova geografia del riconoscimento
Le metriche di citazione hanno anche ridotto gli attriti informativi, soprattutto a distanza. Prima che esistesse lo SCI, era più difficile per chi decideva le assunzioni valutare qualcuno che non avevano incontrato o il cui lavoro non era circolato a livello locale. I dati citazionali hanno reso il talento trasportabile. L’effetto delle citazioni visibili è stato più forte per i trasferimenti in dipartimenti geograficamente distanti e di rango più elevato, dove era improbabile che ci fossero connessioni personali precedenti. In questo modo, lo SCI ha fatto da passaporto per scienziati ambiziosi, trascendendo i vincoli della geografia.
L’“effetto Matteo”
La visibilità ha influito anche sulle promozioni e sui finanziamenti alla ricerca. Gli scienziati con citazioni più visibili avevano il 5,8% in più di probabilità di essere promossi e il 19% in più di vincere un finanziamento della National Science Foundation (NSF). Gli autori considerano questo un esempio di “effetto Matteo”: a chi ha (citazioni visibili) sarà dato. Come afferma Carlo Schwarz, “questi risultati indicano che le metriche citazionali hanno avuto un impatto diretto sulle carriere degli scienziati e hanno cambiato l’allocazione delle risorse. Gli scienziati con molte citazioni visibili hanno ottenuto premi e riconoscimenti aggiuntivi, suggerendo la presenza di un effetto Matteo”. Non si tratta di mera contabilità accademica. Si tratta di un esempio di come la visibilità precoce possa comportare dei vantaggi, creando traiettorie di successo o di oscurità che persistono per decenni.
Dallo SCI a Spotify
Le implicazioni vanno ben oltre il mondo accademico. Oggi viviamo in un mondo pieno di metriche. Dai like sui social media al numero di riproduzioni su Spotify, i dati sulle prestazioni costituiscono visibilità, e la visibilità costituisce opportunità. Proprio come le citazioni sono diventate l’equivalente accademico degli “streaming”, le nostre carriere, i nostri gusti e le nostre scelte sono sempre più filtrati da ciò che può essere contato, classificato e tracciato. Ma, come ci ricordano Carlo Schwarz e i suoi colleghi, le metriche non sono neutre. Sono potenti. Danno forma alle storie che raccontiamo sul talento e al futuro che lasciamo accadere.